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Compiti a casa: il dibattito si riapre

Compiti a casa? No, grazie. Si riapre il dibattito su un argomento che vede fronteggiarsi da anni due diverse fazioni. Sono molti, infatti, i genitori e i professori contrari a questo metodo di apprendimento definito pesante e inutile. Tre anni fa il dirigente scolastico di Genova Maurizio Parodi ha lanciato una petizione per abolire i compiti a casa sulla piattaforma Change.org, un appello che cresce lentamente e che attualmente conta 30 mila adesioni.

Ma l’idea di abolire i compiti non sembra aver persuaso tutti. Molti professori ritengono i compiti un ottimo strumento di apprendimento, capace di consolidare le attività svolte in classe attraverso un metodo di studio autonomo. Inoltre, permettono agli insegnanti di verificare le eventuali difficoltà degli studenti.

Ma sono molte le critiche alzate da parte degli studenti e dei genitori in quanto i compiti spesso non vengono controllati e la loro utilità perde di valore, sottraendo tempo ad altre attività. Se sono così utili come si dice, perché non permettere agli studenti di svolgerli a scuola? Alcuni dirigenti a questa domanda spiegano che i compiti negli ultimi anni si sono appesantiti enormemente e che comportano agli studenti diverse ore di impegno.

Molti presidi propongo l’abolizione dei compiti e l’introduzione di una didattica innovativa che si ponga come strumento efficace per l’apprendimento. Alla base di questa proposta il Miur sta elaborando e sperimentando, in alcune scuole italiane, delle didattiche innovative in grado di conciliare gli interessi degli studenti, dei genitori e dei professori. Ma nonostante queste apertura da parte del ministero siamo ancora lontani da una vera didattica alternativa.

Autore: 
Di Martina Poncia
Data di Pubblicazione: 
03/04/2018
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